Gemelli che fatica! (parte seconda)

 

La persona che può aiutare maggiormente i gemelli ad essere considerate due persone differenti favorendo una progressiva separazione è la madre stessa. La madre infatti è colei che più coglie i piccoli segnali di differenza fra i due neonati apparentemente identici. I segnali non sono solo a livello fisico, ma soprattutto a livello comportamentale e di personalità: c’è il bambino più vispo e quello più calmo, quello più sensibile e quello più indifferente. Ciò che può mancare a dei gemelli, al di là dei vantaggi della loro condizione, è quel legame privilegiato con la madre, fondamentale per ognuno di noi per creare la coscienza di sé come soggetto. Spesso il rapporto esclusivo che tendono ad instaurare con il fratello gemello compensa quello mancato con la madre. Dunque è essenziale che la madre, pur essendo già molto affaticata dalla cura di due neonati, cerchi di dedicare dei momenti esclusivi e privilegiati con ognuno dei due piccoli per favorirne la differenziazione.

Gemelli che fatica! (parte prima)

 

Due bambini perfettamente identici dal punto di vista fisico tanto da essere confusi dagli stessi genitori… Che fatica essere gemelli! Se una volta la tendenza era quella di trattarli come una persona unica, vestirli uguali e regalargli gli stessi giochi, oggi si cerca di evitare questa confusione di identità fisica e psicologica favorendone una sana separazione. Da un lato i bambini sviluppano un legame molto forte fra loro, si fanno compagnia e si consolano vicendevolmente, dall’altro però lottano strenuamente per essere riconosciuti come persone diverse. → «Gemelli che fatica! (parte prima)»” class=”more-link”>…continua… «Gemelli che fatica! (parte prima)»

Lettone sì o no?

 

Ognuno ha il suo pensiero..secondo MammeCheFatica la cosa migliore sarebbe che il piccolo dormisse dal primo giorno nella culla nella sua cameretta. Se non fosse possibile perché non si dispone di due stanze, allora provate a creare comunque una separazione fisica (che ne rispecchia una mentale fondamentale) fra l’ambiente in cui dormono i genitori e quello del bambino. Come resistere ai suoi pianti notturni? Questo in qualche modo è un “ricatto” che scaturisce dal comportamento stesso di Mamma e Papà. Cioè il bambino ha capito che in risposta al pianto c’è il lettone, dunque insiste fin quando non ottiene quello che desidera. Meglio dunque consolarlo, calmarlo, ma senza portarlo con sé nel letto matrimoniale perché è importante per lo sviluppo che un bambino impari ad affrontare la solitudine, la separazione e anche l’esclusione dai genitori. Ovviamente ci sono le eccezioni alla regola da valutare di volta in volta!

..SHHHHHHHHH…Sogni d’oro!

Come dire al proprio bambino che mamma e papà si separano?

 

MammeCheFatica ha incontrato la difficoltà di alcuni genitori alle prese con la delicata comunicazione al proprio figlio della loro separazione. Non è un tema facile, tanto più che  provoca già di per sè sofferenza (delusione, disperazione, gelosia, paura, ansia..) nei genitori stessi. Come per tutte le cose, bisogna parlare in modo onesto ai bambini, ma con il linguaggio adeguato all’età specifica. Spesso, senza che ce ne accorgiamo, i figli si sono già resi conto da tempo del conflitto coniugale. Anche i più piccolini sono sensibilissimi all’atmosfera di tensione familiare, quindi è importante non mentire, nè tenerli all’oscuro “per il loro bene” di quanto sta succedendo in casa.  Consigliamo di sottolineare che la separazione non dipende in alcun caso da loro e che l’affetto dei genitori nei loro confronti sarà sempre immenso. L’uso di libri e favole con i più piccoli è da tenere sepre in mente perchè rappresenta un modo facile per i bambini di immedesimarsi nelle storie e capirle meglio. Non vogliamo farne un dramma, ma suggeriamo di affrontare questo momento difficile con maturità (si eviti il più possibile di litigare di fronte a loro), sensibilità e attenzione alle richieste e ai possibili malesseri dei figli.

La fatica dei padri separati

Le statistiche sui nuovi poveri in Italia dimostrano che la categoria dei padri separati è in aumento. Non è un caso che a Roma e a Milano siano nate le case “del papà separato”: luoghi pensati per accogliere a bassissimo prezzo uomini ridotti in povertà da separazioni  e divorzi. Infatti questi papà, anche se ricevono uno stipendio nella media, sono costretti a versare un contributo mensile cospicuo (circa il 70% della busta paga) per mantenere i propri figli rimasti con la madre. Anche Carlo Verdone ha preso spunto da questo tema attualissimo per fare il suo ultimo film: “Posti in piedi in Paradiso”.

Sicuramente è un argomento di cui continuare a discutere per interrogarsi sul ruolo paterno all’interno della nostra società. Nel frattempo consigliamo due letture interessanti sull’argomento:

-“Quando i genitori si dividono” di S. Vegetti Finzi

-“Un genitore in più” di J. Juul

 

Mamma, che sonno!! (parte II)

 

Perché il momento della buonanotte è sempre una lotta? Verso i due-tre anni i bambini incominciano a rifiutarsi di andare a letto anche se sono visibilmente stanchi. L’addormentamento per un bambino equivale ad una separazione dal mondo esterno, ma soprattutto dai suoi genitori. Oltre al timore di rimanere da solo al buio mentre la vita fuori dalla sua cameretta continua, c’è una paura più inconsapevole e profonda di non ritrovare al risveglio più nulla del suo mondo familiare. Come si può aiutare un bambino ad addormentarsi e a fronteggiare queste ansie? Raccontare una favola (che poi imparerete a memoria a furia di leggerla!) e dedicare qualche minuto al momento della buonanotte. Ma anche accendere una lucina accanto al letto, un carillon o un cd rilassante, lasciargli un peluche a cui è molto affezionato possono essere dei semplici suggerimenti per aiutarlo.

IL NIDO (parte II)

 

Care Mamme,
l’inserimento al nido è un momento molto delicato di affiancamento del bambino piccolo ad un adulto significativo allo scopo di instaurare un buon rapporto con le educatrici del nuovo spazio. È una fase molto importante perché serve da “ambientamento” graduale del bambino in un luogo del tutto sconosciuto occupato da adulti e bambini nuovi. Lo scopo principale è lo stabilirsi di una relazione di fiducia, non solo tra il bambino e le educatrici, ma anche tra queste ultime e la madre.
In genere si consiglia di evitare di iscrivere il bambino al nido intorno all’ottavo mese perché è una fase “critica” dello sviluppo in cui il piccolo tende a soffrire molto più di quanto non accada prima o dopo per la lontananza dei genitori (ed in particolare della madre) . Quindi, se compatibile con gli impegni quotidiani dei genitori, sarebbe meglio aspettare uno/due mesi perché l’angoscia di separazione diminuisca e aumenti la fiducia in sé allo scopo di affrontare il momento del distacco con meno paura.
Qualche semplice suggerimento: date al vostro bimbo un ciuccio e/o il cosiddetto oggetto transizionale (peluche, copertina..) e, indipendentemente dalla sua età, spiegategli bene che state andando via, ma che tornerete presto a prenderlo. Infine, un piccolo gioco, molto antico e conosciuto, può essere d’aiuto al bambino per abituarlo a stare da solo. Stiamo parlando del famoso gioco del Cucù o Bau..sette! L’adulto nasconde  il viso dietro un panno o dietro alle mani e dopo poco riappare. Il bambino piccolo sperimenta così un breve attimo di paura, di attesa (“Oh, no! La mamma è sparita, e ora??”) per poi vivere una sensazione di sollievo e felicità. Con questo banale rituale si insegna al bambino ad avere fiducia negli altri e  a tollerare la separazione. È un po’ quello che le educatrici ripetono ogni giorno ai propri bambini: “Le mamme tornano sempre, non vi abbandonano qui”. Ma anche voi, mamme e papà, state tranquilli: ogni bambino ha i propri tempi, ma riuscirà a separarsi e vivere serenamente la loro giornata al nido. Abbiate fiducia in modo da trasmetterla anche a vostro figlio!